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Cioccolato sostenibile: come e perché sceglierlo

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Mangiare un pezzetto di cioccolato dà immediatamente una sensazione di piacere. Mangiare cioccolato fa aumentare i livelli di alcuni neurotrasmettitori che inducono il benessere. Si attivano serotonina, il cosiddetto “ormone della felicità”, l’endorfina, efficace nell’inibizione del dolore e la feniletilamina, la stessa sostanza chimica che il cervello produce quando ci innamoriamo.

Eppure, dietro ad un morso della tua tavoletta preferita si nascondono anche tante note amare: sfruttamento, deforestazione, lavoro minorile. Dobbiamo smettere di consumarlo? No: dobbiamo farlo in modo consapevole, scegliendo un cioccolato sostenibile.

Il concetto di “cioccolato sostenibile” è piuttosto articolato, e difficile da liquidare in poche righe. Serve analizzare un po’ più da vicino uno dei paradossi: il consumo di cioccolato è praticamente quotidiano e in crescita, eppure conosciamo davvero poco il funzionamento di produzione e mercato del cacao.

Partiamo da quello che in genere ci troviamo tra le mani: una barretta di cioccolato industriale. Tra le corsie del supermercato, quella dedicata al cioccolato è una delle più accattivanti, piena di richiami alle foreste tropicali dove cresce il Theobroma Cacao. Confezioni lucide ed elementi dorati evocano il lusso accessibile di potersi concedere un assaggio del cibo degli dei ogni volta che lo desideriamo. Peccato che nessun bambino dei paesi produttori abbia mai assaggiato un cioccolatino o una deliziosa barretta di cioccolato.

E se cerchiamo informazioni più dettagliate – sulla provenienza specifica del cacao, per esempio – raramente riusciamo ad ottenerle. Molto più facile che siano indicati produttore e stabilimento di produzione del cioccolato, ma nessuna informazione sulla filiera.

Chi produce il cacao?

Il 70% dei semi di cacao del mondo proviene da quattro paesi dell’Africa occidentale: Costa d’Avorio, Ghana, Nigeria e Camerun. La Costa d’Avorio e il Ghana sono i due più grandi produttori di cacao: insieme producono oltre la metà del cacao mondiale. A seguire, altri paesi produttori di cacao sono Indonesia e i paesi sudamericani come Brasile e Ecuador.

Oltre il 90% del cacao viene coltivato da 6 milioni di contadini che gestiscono piccole aziende familiari (fonte: FairTrade) di 1-5 ettari o meno. Solo il 5% proviene da grandi piantagioni. La vita di queste famiglie dipende dalla coltivazione e dalla vendita delle fave di cacao. E molto spesso il loro reddito non riesce a coprire i costi di produzione.

Tra 40 e 50 milioni di agricoltori, lavoratori rurali e le loro famiglie nel Sud del mondo traggono il loro sostentamento dalla produzione del cacao. In alcuni paesi dell’Africa occidentale, fino al 90% degli agricoltori traggono il loro reddito primario dalla coltivazione del cacao.

cioccolato sostenibile
Fave di cacao. Per produrre mezzo chilo di cacao è necessario il raccolto da un albero di un intero anno.
Photo by Tetiana Bykovets on Unsplash

Coltivare il cacao è un lavoro a mano, duro e faticoso, che richiede una continua attenzione per curare e raccogliere i chicchi in modo adeguato. L’albero di cacao fiorisce tutto l’anno, e produce grandi baccelli ognuno dei quali contiene circa 20-30 semi racchiusi in una dolce polpa bianca. Per produrre mezzo chilo di cacao è necessario il raccolto da un albero di un intero anno. E siccome i baccelli non maturano allo stesso tempo, gli alberi devono essere monitorati in continuazione. In più, il cacao è una pianta molto delicata, facilmente colpita da cambiamenti climatici e suscettibile a malattie e parassiti.

Lavoro minorile nelle piantagioni

Alla fine degli anni Novanta si sono diffuse le prime denunce di sfruttamento del lavoro minorile nelle piantagioni di cacao, soprattutto in Africa. Le grandi multinazionali hanno cercato di contrastarlo aumentando i controlli e la sorveglianza: una strategia che ha avuto però scarso successo. Secondo un’indagine svolta dal Centro nazionale di ricerca NORC (Università di Chicago) nelle regioni della Costa d’Avorio e del Ghana la quota del lavoro minorile nelle piantagioni di cacao è aumentata.

Circa 1,56 milioni di bambini lavorano nelle aree di coltivazione del cacao della Costa d’Avorio e del Ghana. Questi bambini hanno un’età compresa tra i 5 e 17 anni. La maggior parte lavora per i propri parenti, all’interno di piccole aziende a conduzione familiare, in contesti di grande povertà. Di questi, 1,48 milioni svolgono attività pericolose. Per esempio usano il machete e prodotti agrochimici il cui impiego è aumentato notevolmente. (fonte: NORC)

La pandemia ha aggravato la situazione. Uno studio dell’International Cocoa Initiative ha infatti mostrato come il lockdown parziale della scorsa primavera in Costa D’Avorio abbia prodotto un incremento pari al 21% del lavoro minorile nelle piantagioni di cacao. 

I dati raccolti dal NORC hanno provocato una nuova ondata di accuse nei confronti dell’industria del cioccolato. L’obiettivo di aziende come MarsHershey e Nestlé di ridurre l’impiego della manodopera minorile del 70% entro il 2020 è stato ampiamente disatteso. Un fallimento che rivela l’incapacità dell’industria di formulare una visione strategica realmente incisiva. Le aziende preferiscono concentrarsi su una sostenibilità di facciata, propagandata tramite costose operazioni di marketing, piuttosto che investire concretamente risorse nella lotta allo sfruttamento.

Certo, l’operazione non è facile perché le multinazionali non possiedono le piantagioni, ma acquistano le fave di cacao dai produttori. Restano però le responsabilità etiche dell’industria del cioccolato, che contribuisce al dissanguamento delle risorse africane in atto ormai da secoli.

Si stima che il mercato globale del cacao ammonta a 125 miliardi di dollari. Non è difficile intuire che solo una minima parte dei profitti totali di produzione e vendita di cioccolato, circa il 5-6%, va ai produttori della materia prima. Mentre l’80% dei profitti resta alle multinazionali che si occupano della trasformazione delle fave di cacao e della distribuzione dei prodotti lavorati.

Le famiglie di piccoli agricoltori subiscono le forti oscillazioni del prezzo sul mercato delle fave di cacao. Ebbene sì: i semi della qualità Forastero – destinato alla produzione su larga scala – sono quotati in borsa. il prezzo del cacao virtuale viene definito con un indicatore giornaliero di riferimento attraverso futures. Poche, grandi multinazionali acquistano circa il 90% del cacao in circolazione. Mentre la maggior parte dei produttori coltiva meno di 10 ettari di terreno e riceve un prezzo fissato a livello nazionale, un compenso che è solo una minima parte dell’importo pagato sul mercato internazionale. Quel prodotto, ottenuto a così caro prezzo, abbandona le loro terre e diventa ricchezza per altri.

La deforestazione

Oltre ai risvolti etici, la coltivazione del cacao ha anche un impatto ambientale di non poco conto. Secondo un’inchiesta del Guardian, in Costa d’Avorio la superficie delle foreste pluviali si è ridotta dell’80% dal 1960 ad oggi. Nelle aree protette del Paese si nascondono numerose attività illegali di raccolta del cacao, che concorrono alla distruzione dell’ecosistema. Come spiega bene un articolo su Il Post del 2018, a fronte della crescente domanda globale di cioccolato entro il 2030 non ci sarà più foresta. E questo succede in un Paese in cui la maggior parte della popolazione è così povera da non potersi permettere una barretta di cioccolato.

Noi, che invece il cioccolato possiamo permettercelo, abbiamo una grandissima responsabilità su come funziona la sua produzione. Per esempio, può darsi che il cioccolato che hai appena mangiato provenga da piantagioni illegali che contribuiscono alla distruzione delle foreste pluviali.

A causa del loro impoverimento, infatti, i contadini non possono investire nel mantenimento degli alberi di cacao. Invece di sostituire gli alberi vecchi o malati espandono la piantagione tramite la deforestazione, mettendo in a rischio la sostenibilità dell’agricoltura ecologica e diversificata. Gli agricoltori piantano alberi di cacao in aree protette o parchi nazionali, per cercare di aumentare la produzione e arrivare alla soglia della sussistenza. Lo vendono a intermediari che a loro volta vendono a grandi cioccolatieri. Ci sono così tante transazioni nelle catene di approvvigionamento che i grandi marchi non possono più essere sicuri dell’origine.

Le piantagioni di cacao quindi sono pericolose per la biodiversità, ma sono anche fonte di inquinamento. Spinti dalle paghe bassissime, gli agricoltori locali non solo cercano di abbassare i costi impiegando i lavoratori minorenni, come spiegato sopra. Dall’altro lato, cercano di incrementare il raccolto con pratiche dannose per l’ambiente, come esporre le colture alla luce diretta del sole, che fa aumentare la produzione ma anche crescere erbe infestanti e il rischio di malattie per le piante. Una pratica che favorisce un ampio ricorso a erbicidi e pesticidi che danneggiano il terreno e la salute dei lavoratori.

La mancanza di informazione, infatti, spesso comporta un cattivo dosaggio di questi prodotti, usati in quantità molto più elevata del dovuto. Il che comporta la contaminazione del suolo e l’inquinamento delle risorse locali dell’acqua, alimentando un circolo vizioso pericolosissimo.

Cioccolato sostenibile

Cosa possiamo fare per portare sostenibilità e giustizia sociale nella coltivazione del cacao? Sicuramente, possiamo provare a dare il nostro contributo chiedendo maggiore trasparenza da parte dei marchi dell’industria cioccolatiera e dei rivenditori, prestando attenzione alla qualità e alla provenienza del prodotto di base, con certificazioni che attestino un equo compenso, un giusto trattamento dei lavoratori e il rispetto dell’ambiente. 

FairTrade è un’organizzazione internazionale che lavora ogni giorno per migliorare le condizioni dei produttori agricoli dei Paesi in via di sviluppo. Si pone come punto di incontro tra piccoli produttori, aziende e consumatori in un sistema globale di commercio sostenibile ed etico, per produrre un cioccolato sostenibile davvero.

In particolare, per i piccoli produttori di cacao aderire al programma FairTrade significa la garanzia di un prezzo minimo stabile, indipendente dalle speculazioni di borsa. I contadini ricevono anche un Premio FairTrade, cioè un margine ulteriore che possono spendere in servizi per la comunità o nel miglioramento della produzione. Ed è un vantaggio anche per l’ambiente, perché gli agricoltori FairTrade si impegnano a rispettare l’ambiente e a non deforestare.

Scegliere un prodotto FairTrade è facile: anche semplicemente al supermercato, riconosci i prodotti certificati dal marchio FairTrade sulla confezione.

Fonti:
Sadhu S., Kysia K., Onyango L. et. al. Assessing Progress in Reducing Child Labor in Cocoa Production in Cocoa Growing Areas of Côte d’Ivoire and Ghana, Final Report. Chicago: NORC, 2020

Hazardous child labour in Côte d’Ivoire’s cocoa communities during COVID-19, ICI Analysis, 2020



A presto!

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