Dici Lomellina e pensi a risaie e nebbia, due elementi ben lontani dal cliché partenopeo illuminato dal sole. Eppure, a volte, gli opposti si attraggono: è quello che è successo a Annalisa e Veronica Magri, le sorelle napoletane proprietarie del ristorante Ottocentodieci di Sannazzaro de Burgondi, in provincia di Pavia.
Il ristorante – inaugurato tre anni fa ma riaperto a dicembre 2018 dopo un restyling – si trova all’interno dell’hotel Eridano, e prende il nome dai chilometri che separano le proprietarie dalla loro città d’origine.
In realtà, già dal primo assaggio, nella cucina di Ottocentodieci Ristorante le distanze si accorciano e si rinnovano, grazie alla creatività del giovane chef Rigels Tepshi, di origini albanesi, che dopo numerose esperienze professionali di alto livello presso Trussardi alla Scala e Seta al Mandarin a Milano, decide di mettersi alla prova in questa nuova avventura.
Ottocentodieci Ristorante: la cucina di Rigels Tepshi
Se le esperienze culinarie rappresentano sempre un viaggio, quello dello chef Rigels Tepshi parte senza dubbio dal territorio pavese ma tocca tappe lontane tra loro, arricchendosi di influenze mediterranee.
La brigata è giovane e dinamica, formata dallo stesso chef nel momento della riapertura, e in cucina si respira un’atmosfera armoniosa. Il menù è ricercato e creativo, con un tocco di delicatezza. Personalmente, ho apprezzato il rispetto degli ingredienti scelti con cura e sempre di altissima qualità, il più possibile biologici e legati al territorio.
Uno tra tutti la zucca bertagnina, una delle eccellenze lomelline assaggiate durante il nostro soggiorno a Sannazzaro: un tipo di zucca la cui coltivazione era stata accantonata negli anni ’60. Per fortuna, da circa un decennio alcuni produttori locali hanno ricominciato a coltivarla, grazie al supporto dell’Università di Pavia che, attraverso un processo di selezione, ha recuperato il seme in purezza. Lo chef Tepshi la valorizza avvolta in una sfoglia sottile e trasformata in ravioli – rigorosamente fatti a mano – serviti per me con pompelmo rosa, pepe di Timur e brodo vegetale.
E in questa attenzione ai dettagli io leggo il valore aggiunto della cucina di Ottocentodieci Ristorante e dello chef Tepshi, che in pochi passi ha realizzato, sul momento, una degustazione tutta vegetarianacreando dei piatti unici sia nel gusto che nella presentazione.
Il mio personale viaggio inizia con un assaggio di pane e grissini artigianali (oserei dire pazzeschi) e con un amuse buche, un bottone con foglia di cappero, da assaggiare rigorosamente con le mani. Prosegue con l’antipasto, un giardino di verdure e crema di legumi servito con succo di melagrana, per arrivare ai due piatti forti: i ravioli con zucca bertagnina, e un risotto incredibile – il carnaroli di Riserva San Massimo – alle cime di rapa e mantecato con una profumatissima crema di limoni.
Il tutto servito con eleganza e attenzione ai dettagli, nelle porcellane italiane Royale Porcellana e sotto la supervisione del maître Benito Langella, perfetto nella descrizione della carta, nonché nella scelta dei vini e nella selezione dei rum da assaporare nella sala dedicata.
E per un pranzo un po’ meno formale, Ottocentodieci Ristorante ha anche un altro piacevole ristoro: l’810 Bistrot & Pizza dove oltre alle pizze gourmet – preparate con farine macinate a pietra e a lunga lievitazione – è a disposizione anche una cucina moderna con un ottimo rapporto qualità/prezzo.
Vi invito a leggere anche le altre riflessioni su Ottocento Ristorante scritte dai miei compagni di viaggio: Chiara Con un viaggio nella testa, Marco Francesca di Vivere per Raccontarla, Elena di Cucinama.