C’è una preoccupazione crescente. Non sono solo le foto di balene, albatros e tartarughe marine con gli stomaci pieni di plastica, o le tante isole di plastica che raccolgono rifiuti da tutto il mondo. La plastica è entrata nella catena alimentare e ha invaso il nostro corpo, tanto che iniziamo a domandarci: quanta plastica mangiamo ogni anno?
Il calcolo è presto fatto. Un recente studio condotto da un gruppo di scienziati dell’Università di Newcastle e diffuso poi dal WWF ha scoperto che in media, ogni settimana, ciascuno di noi ingerisce cinque grammi di plastica. In pratica, è come se mangiassimo una carta di credito intera ogni sette giorni.
In un mese, i grammi di microplastiche che ingeriamo diventano una ventina, quanto basta per riempire mezza ciotola da riso. Lo stesso peso di cinque dadi da casinò. Nell’arco di un intero anno mangiamo invece un intero piatto di plastica, per un totale di ben 250 grammi. Per avere un’idea, immagina di vedere mezzo pacco di pasta, o mezza pizza.
Ed è ancora più shockante pensare a quanta plastica mangiamo in una intera vita: sono circa 20 kg.
Una ricerca della American Chemical Company pubblicata nel 2019 ha calcolato che l’americano medio mangia, beve e respira più di 74.000 particelle di microplastica ogni anno.
Da dove arriva tutta la plastica che mangiamo
Dagli anni ’50 sono state prodotte più di 10 miliardi di tonnellate di plastica. E continuiamo a farlo. La produzione di plastica vergine è aumentata
200 volte dal 1950 ed è cresciuta a un tasso del 4% all’anno dal 2000.
La stragrande maggioranza di quella plastica finisce per accumularsi in tutto il pianeta. Molti tipi di plastica possono durare per centinaia di anni, e quando si rompono possono scomporsi in piccolissimi frammenti. La plastica, infatti, si fotodegrada, originando le microplastiche, che poi si diffondono ovunque, in tutto il pianeta.
I frammenti di plastica più piccoli sono stati trovati – e si trovano – praticamente ovunque, dall’abisso della Fossa delle Marianne (il punto più profondo della Terra, nel cuore dell’Oceano Pacifico) ai ghiacci dell’Artico.
Plastic is polluting
WWF
the air we breathe,
the water we drink
and the food we eat.
L’uso crescente (e indiscriminato) della plastica, e i limiti del suo riciclaggio
si traducono in una produzione di plastica imponente. E si stima che 1/3 di questa plastica, oggi, finisca ancora dispersa nell’ambiente. Il problema? Come sempre non è di un materiale o di un oggetto, ma dell’uso che si fa di quell’oggetto.
Quanta plastica mangiamo: i cibi più a rischio
Gli ultimi studi hanno verificato la presenza di plastica in acqua di rubinetto, birra, sale marino e acqua in bottiglia.
Purtroppo, gli scienziati dell’Università di Newcastle hanno constatato che la principale fonte di ingestione di plastica è proprio l’acqua potabile. Tutte le acque – quelle sotterranee, le acque superficiali, l’acqua del rubinetto e l’acqua in bottiglia – sono contaminate da microplastiche, in tutto il mondo.

I nostri mari sono ormai contaminati dalla plastica, e di conseguenza lo è anche il sale. Una recente ricerca condotta su vasta scala e pubblicata da Environmental Science & Technology (16 ottobre 2018) ha rilevato la presenza di microplastiche in 36 dei 39 campioni di sale da cucina analizzati, provenienti da tutto il mondo, compresa l’Italia. Solo tre dei campioni non erano contaminati: un sale marino raffinato di Taiwan, un sale marino raffinato dalla Cina e un sale marino non raffinato in Francia. E la cosa più preoccupante è che l’indagine ha preso in esame non solo il sale marino, ma anche di miniera e di lago.
Altri alimenti in cui si accumulano più microplastiche ci sono i crostacei, che possono contenerne fino a 0,5 grammi a porzione. In genere, questo è dovuto alle abitudini di consumo: i crostacei si mangiano interi, compreso il loro apparato digerente. E dopo che hanno trascorso una vita in mari inquinati dalla plastica.
Le stime di inalazione rappresentano una percentuale trascurabile, ma possono variare notevolmente a seconda dell’ambiente, e a seconda della qualità dell’aria esterna e interna. I risultati mostrano che l’aria negli ambienti interni è più inquinata dalla plastica rispetto a quella esterna. Ciò deriva dalla limitata circolazione dell’aria all’interno, e dal fatto che i tessuti sintetici e la polvere domestica sono tra le più importanti fonti di microplastiche aerodisperse.
I rischi della plastica che ingeriamo
Gli scienziati stanno lavorando per ottenere informazioni più precise sull’inquinamento da plastica, per esempio come si distribuisce e quanto si consuma. Uno studio recente ha evidenziato che la plastica viene trasportata dall’aria. Infatti, ne sono state trovate tracce nei luoghi che si pensava fossero tra i più incontaminati del pianeta: i Pirenei, il Grand Canyon, l’Himalaya.
Alcune importanti aree di di ricerca stanno cercando di mappare le dimensioni e il peso delle particelle di rifiuti di plastica, altre stanno studiando come la plastica, se consumata da un animale, viaggia nel tessuto muscolare. Ultimamente, sono state ritrovate microplastiche anche all’interno della placenta umana.
Altri studi, infine, si concentrano sull’identificazione degli effetti sulla salute dell’ingestione di plastica. Gli effetti a lungo termine ancora non si conoscono: gli scienziati sospettano che il rischio per la salute possa essere più importante di quanto non sia attualmente compreso.
Le ricerche attuali hanno dimostrato che oltre un certo livello di esposizione, l’inalazione di fibre di plastica sembra produrre una infiammazione delle vie respiratorie. Negli animali marini, maggiori concentrazioni di microplastiche nei loro apparati digestivo e respiratorio può portare a morte prematura. E ormai è cerca la tossicità per le cellule polmonari, il fegato e le cellule cerebrali.
“Le persone hanno questa idea che la plastica sia pulita” ha affermato il dr. Sherri Mason, coordinatore della sostenibilità presso Penn State Behrend. Ma, in effetti, le materie prime della plastica sono combustibili fossili tra cui petrolio e gas naturale. E migliaia di sostanze chimiche, a seconda del prodotto, vengono utilizzate per renderlo più duro, più morbido o più flessibile. Queste sostanze chimiche includono bisfenoli, come il bisfenolo A (BPA) e ftalati, che possono fluire o filtrare negli alimenti a contatto con la plastica, specialmente quando quella plastica è riscaldata. Sostanze chimiche e additivi con potenziali effetti sulla salute umana.
Come difendersi dalla plastica negli alimenti?
Sembra impossibile evitare di ingerire o inalare microplastiche. Ma possiamo sicuramente cercare di limitare quanta plastica mangiamo.
L’acqua delle bottiglie di plastica ha in media circa il doppio delle microplastiche dell’acqua del rubinetto, secondo uno studio del 2018 pubblicato sulla rivista Frontiers in Chemistry. Quindi, a meno che l’acqua del tuo rubinetto non sia contaminata da elementi pericolosi, come il piombo, probabilmente è meglio bere da lì. Puoi anche installare dei filtri: molti contribuiscono a ridurre ulteriormente i livelli di microplastiche.
Più un alimento è trasformato o confezionato, maggiore è il rischio che contenga sostanze chimiche dannose. Le lattine di cibo sono spesso rivestite con bisfenolo A (o composti simili). Acquista alimenti freschi e non processati, e per quanto possibile cerca di utilizzare contenitori riciclabili se il tuo mercato lo consente.
Attenzione ai contenitori per alimenti in plastica, che possono contenere sostanze chimiche potenzialmente dannose. Non conservare nulla in contenitori di plastica, molto meglio usare materiali come il vetro. E non riscaldare mai nella plastica: è noto che alcune materie plastiche riscaldate rilasciano sostanze chimiche negli alimenti. Usa una padella o una teglia adatta al forno, o se stai cuocendo a microonde preferisci un contenitore di vetro. Inoltre, evita di lavare oggetti di plastica in lavastoviglie, per non sottoporli a lavaggi ad alte temperature.
Fonti
Schymanski D, Goldbeck C, Humpf HU, Fürst P., Analysis of microplastics in water by micro-Raman spectroscopy: Release of plastic particles from different packaging into mineral water, 2018
Dey TK, Uddin ME, Jamal M., Detection and removal of microplastics in wastewater: evolution and impact, 2021
German Federal Institute for Risk Assessment (BfR), Department of Food Safety, Unit Effect‐based Analytics and Toxicogenomics Unit and Nanotoxicology Junior Research Group, Berlin, Germany, Shopova S, Sieg H, Braeuning A., Risk assessment and toxicological research on micro- and nanoplastics after oral exposure via food products, 2020
Ragusa A, et. al., Plasticenta: First evidence of microplastics in human placenta, 2020
Gasperi J, et al., Microplastics in air: Are we
breathing it in?, Current Opinion in Environmental Science
& Health, 2018
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